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Tag: Investimenti alternativi

Rame: il nuovo oro rosso dell’era digitale e green

Rame: il nuovo oro rosso dell’era digitale e green

Nel silenzio relativo dei mercati finanziari, offuscato dai riflettori puntati su intelligenza artificiale e chip di nuova generazione, un protagonista silenzioso sta guadagnando terreno: il rame. Un metallo industriale per tradizione, oggi diventato snodo cruciale della transizione energetica e della digitalizzazione globale. In un contesto in cui tecnologia e sostenibilità ambientale stanno ridisegnando le priorità economiche, il rame si candida a diventare la “materia prima strategica” del XXI secolo.

Un metallo al centro della nuova rivoluzione industriale

A guidare questa corsa sono due macro-tendenze epocali:

La transizione energetica:
Dalle auto elettriche alle turbine eoliche, dai pannelli fotovoltaici alle reti di trasmissione intelligenti, ogni tecnologia “green” è intensiva in rame. Un veicolo elettrico, ad esempio, contiene in media 80 kg di rame — oltre il doppio di un’auto a combustione interna. Anche le infrastrutture necessarie per distribuire energia rinnovabile richiedono enormi quantità di rame per garantire efficienza, capacità di carico e sicurezza.

La rivoluzione digitale e l’intelligenza artificiale:
L’IA sta accelerando la diffusione di data center ad alta densità energetica e hardware avanzati, tutti asset energivori che necessitano di sofisticati sistemi di raffreddamento, cablaggi, chip e server — componenti dove il rame è imprescindibile per conduttività, affidabilità e sostenibilità.

Un’offerta rigida sotto pressione geopolitica e industriale

Ma se la domanda vola, l’offerta zoppica. Le principali miniere mondiali — localizzate in Sud America, in particolare in Cile e Perù, che insieme rappresentano quasi il 40% della produzione globale — stanno affrontando un mix letale di problemi:

  • Esaurimento dei giacimenti più ricchi, che costringe a lavorare minerali a più bassa concentrazione, aumentando costi e impatti ambientali.
  • Instabilità politica e tensioni sociali, che rallentano le attività estrattive e scoraggiano gli investimenti esteri.
  • Ritardi nei nuovi progetti minerari, spesso frenati da burocrazia, opposizione ambientale e carenze infrastrutturali.

Questo squilibrio strutturale tra domanda e offerta ha già iniziato a riflettersi sui mercati: le quotazioni del rame hanno superato quota 10.000 dollari per tonnellata nella prima metà del 2024 e, secondo alcune stime, potrebbero raggiungere e superare i 30.000 dollari entro il 2026, più del doppio rispetto alla media del 2023.

Il rame come asset strategico: industriale, green, tecnologico

Per gli investitori, il rame non è più soltanto una commodity ciclica, ma una scommessa strutturale. Una materia prima che si colloca all’incrocio tra crescita industriale, trasformazione ecologica e innovazione tecnologica. Le modalità per esporsi a questa tendenza sono molteplici:

  • ETF e ETC legati al prezzo spot del rame o ai futures;
  • Fondi azionari tematici focalizzati su produttori minerari o su infrastrutture verdi;
  • Partecipazioni dirette in società estrattive con riserve significative o tecnologie di estrazione avanzate;
  • Derivati o strumenti ESG che valorizzano l’impatto ambientale del rame nel contesto della transizione energetica.

Conclusione: un metallo del passato, chiave del futuro

Nel nuovo ordine energetico e digitale che si sta delineando, il rame potrebbe affermarsi come uno degli asset più promettenti del decennio. Non è solo una materia prima: è un abilitatore di progresso. Un materiale che collega energia pulita, infrastrutture smart, e tecnologia ad alta intensità. In un’epoca in cui i chip fanno notizia, ma i cavi portano il futuro, il rame è il filo conduttore — spesso invisibile, ma sempre essenziale.

La nuova IVA al 5% sull’arte: profili normativi e implicazioni operative

La nuova IVA al 5% sull’arte: profili normativi e implicazioni operative

Con il decreto-legge 20 giugno 2025, n. 132 (cd. “Omnibus”), il legislatore ha introdotto una significativa modifica al trattamento IVA delle opere d’arte, antiquariato e oggetti da collezione, prevedendo l’applicazione dell’aliquota agevolata del 5% a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (21 giugno 2025). La misura si inserisce nel quadro del recepimento della Direttiva UE 2022/542, che consente agli Stati membri l’applicazione di aliquote ridotte per beni e servizi culturali, promuovendo l’armonizzazione fiscale del comparto a livello europeo.

Inquadramento normativo: dal regime differenziato al 5% uniforme

Normativa previgente

Fino al 20 giugno 2025, l’imposizione IVA nel settore artistico-culturale seguiva un criterio soggettivo, distinguendo:

  • Aliquota del 10%: per cessioni effettuate da autori, eredi o legatari, nonché per alcune importazioni, ai sensi del n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/1972 e dell’art. 39 del DL 41/1995;
  • Aliquota ordinaria del 22%: per cessioni effettuate da gallerie, mercanti d’arte e case d’asta, salvo applicazione del regime del margine.

Questo approccio disincentivava le transazioni attraverso canali professionali e spingeva parte del mercato verso l’estero o in ambiti fiscalmente meno trasparenti.

Novità introdotte dal DL 132/2025
L’articolo 8 del DL “Omnibus” prevede:

  • L’estensione dell’aliquota unica al 5% a tutte le cessioni e importazioni di opere d’arte, antiquariato e oggetti da collezione;
  • L’abolizione del criterio soggettivo: non rileva più chi sia il cedente (artista, galleria, casa d’asta, collezionista);
  • La non cumulabilità con il regime del margine: chi applica quest’ultimo continua a versare l’IVA calcolata sulla differenza tra prezzo di vendita e acquisto, ma non può beneficiare dell’aliquota ridotta.

Effetti sistemici e ratio economico-fiscale

L’aliquota del 5% rappresenta un allineamento virtuoso con le scelte di altri Paesi UE (Francia al 5,5%, Germania al 7%) e risponde a tre obiettivi:

  • Semplificazione normativa: superamento di un sistema stratificato e frammentato;
  • Competitività internazionale: l’Italia diventa tra le giurisdizioni più favorevoli all’acquisto di opere d’arte, stimolando gli investimenti esteri;
  • Emersione e formalizzazione: incentivare la tracciabilità delle operazioni artistiche riducendo il ricorso a canali paralleli.

Secondo stime Nomisma, la misura potrebbe generare un incremento del fatturato di settore fino al 28%, con picchi oltre il 50% per gallerie di piccole dimensioni, e un impatto economico complessivo nell’ordine dei 4 miliardi di euro.

Regime del margine: continuità con limitazioni

Il regime del margine (artt. 36-40 DL 41/1995) resta applicabile ma incompatibile con l’aliquota al 5%. Ne consegue che:

  • Gli operatori che continuano a operare in regime del margine (es. gallerie che rivendono opere usate o provenienti da privati) non possono applicare l’IVA ridotta;
  • Per accedere al nuovo 5%, è necessaria l’uscita dal regime del margine, con conseguente assoggettamento dell’intero valore al tributo (seppure in misura ridotta).

Il trade-off tra base imponibile piena con IVA ridotta e base ridotta con IVA ordinaria va valutato caso per caso, tenendo conto di margini, struttura dei costi e pricing strategico.

Impatti per i professionisti fiscali: aree di intervento

Decorrenza ed efficacia
La norma è operativa dal 21 giugno 2025. Le operazioni concluse da tale data devono essere documentate con l’aliquota corretta. Le fatture emesse a fronte di contratti precedenti, ma con consegna successiva, devono tener conto della data di effettuazione dell’operazione.


Adeguamento software e procedure
I soggetti passivi devono:

  • aggiornare i codici IVA nei gestionali e nei sistemi di fatturazione elettronica;
  • rivedere listini e condizioni contrattuali, in particolare per vendite già pianificate;
  • formare il personale su novità normative e modalità di emissione delle fatture.

Importazioni e compliance doganale
L’aliquota ridotta deve essere applicata anche in dogana, previa corretta classificazione delle merci secondo la nomenclatura combinata. È opportuno coordinarsi con lo spedizioniere doganale e aggiornare i tracciati XML per l’IVA all’importazione.

Esportazioni: nodo irrisolto
Restano invariate le procedure autorizzative per l’esportazione di beni culturali ultracentenari, che costituiscono ancora un freno alla fluidità del mercato. Nonostante l’apertura fiscale, permane un impianto burocratico rigido che ostacola la piena valorizzazione dell’arte italiana sui mercati globali.

Prospettive e criticità: verso una riforma strutturale?

La misura, pur positiva, presenta zone d’ombra che dovranno essere chiarite:

  • Le modalità di coordinamento tra IVA agevolata e altri regimi speciali (es. esonero ex L. 398/1991 per soggetti minori);
  • Il trattamento degli acconti versati in epoca antecedente alla riforma;
  • L’eventuale semplificazione del regime del margine o la sua graduale eliminazione;
  • Le implicazioni per gli enti non commerciali che vendono opere d’arte in contesti museali o espositivi.

È attesa una circolare attuativa dell’Agenzia delle Entrate entro luglio 2025, che dovrebbe chiarire questi aspetti.

Conclusioni

L’IVA al 5% sull’arte segna un cambio di paradigma nel trattamento fiscale dei beni culturali in Italia. Si tratta di una leva di politica economica che, se accompagnata da semplificazioni operative e da una strategia di valorizzazione strutturale del comparto, può trasformare il Paese in un hub artistico di riferimento per collezionisti, investitori e creatori.

Mercato dell’arte: il governo spinge gli operatori all’estero

Il mercato dell’arte italiano sta affrontando una fase critica a causa di recenti decisioni legislative che rischiano di penalizzare ulteriormente gli operatori del settore. Questo articolo, originariamente pubblicato da Massimiliano Silla, consulente finanziario indipendente, analizza le implicazioni del D.lgs. 201/2024 e le sue mancate riforme fiscali e normative.

Perché gli operatori del mercato dell’arte italiani si stanno spostando all’estero?

Il decreto legislativo D.lgs. 201/2024, che avrebbe dovuto introdurre agevolazioni per il settore culturale, non ha ridotto l’Iva sulle opere d’arte, mantenendola al 22%. Questo rende l’Italia meno competitiva rispetto a paesi come Germania (7%) e Francia (5,5%), spingendo galleristi, artisti e altri professionisti a trasferire attività all’estero per operare con aliquote più vantaggiose.

Quali sono le aliquote IVA sull’arte in Italia rispetto agli altri paesi europei?

In Italia l’Iva sulle opere d’arte è fissata al 22%, una delle più alte in Europa. Germania e Francia applicano invece aliquote agevolate: rispettivamente il 7% e il 5,5%. Questo squilibrio fiscale penalizza il mercato italiano, incentivando gli operatori a vendere e acquistare beni artistici in paesi con fiscalità più favorevole.

Come influisce il D.lgs. 201/2024 sulla circolazione delle opere d’arte?

Il decreto non ha modificato la soglia di valore per la libera circolazione delle opere d’arte, mantenendola a 13.500 euro. In altri paesi europei, come Francia e Regno Unito, questa soglia è significativamente più alta, semplificando il commercio internazionale. La rigidità della normativa italiana rende più complesse le transazioni, danneggiando la competitività del mercato domestico.

Quali categorie professionali sono colpite da queste scelte legislative?

Le decisioni del governo impattano l’intera filiera artistica: artisti (che faticano a vendere a prezzi competitivi), galleristi (costretti a operare all’estero), restauratori (con meno commissioni legate al mercato interno) e fiere d’arte (che perdono appeal internazionale a causa degli ostacoli normativi).

Perché la soglia dei 13.500 euro è problematica per il mercato dell’arte?

Una soglia così bassa obbliga gli operatori a seguire procedure burocratiche complesse per opere di valore superiore, come certificazioni e autorizzazioni. In paesi come la Francia, soglie più elevate (oltre i 50.000 euro) facilitano il commercio, attirando investitori e collezionisti stranieri a discapito dell’Italia.

Quali sono le conseguenze a lungo termine per il sistema dell’arte italiano?

La combinazione di Iva elevata e regole restrittive sulla circolazione rischia di:

  • Ridurre il volume d’affari nel mercato interno;
  • Spostare il baricentro degli investimenti verso l’estero;
  • Indebolire la presenza italiana in fiere e eventi internazionali;
  • Danneggiare la tutela del patrimonio artistico, con meno risorse per la conservazione.

Esistono proposte per correggere queste criticità?

Gli esperti del settore chiedono da tempo un allineamento alle normative europee, con una riduzione dell’Iva almeno al 10% e un innalzamento della soglia di circolazione delle opere a 50.000 euro. Tuttavia, il D.lgs. 201/2024 ha ignorato queste richieste, lasciando il sistema dell’arte italiano in una posizione di svantaggio.

Conclusione

Le scelte del governo delineate nel D.lgs. 201/2024 rischiano di accelerare la fuga all’estero di professionisti e capitali nel mercato dell’arte.

Criptovalute nel mirino dell’ESMA: rischio elevato per gli investitori

Criptovalute nel mirino dell’ESMA: rischio elevato per gli investitori

Le criptovalute sono tornate sotto i riflettori delle autorità europee, con avvertimenti specifici per gli investitori in vista del regolamento MICA (Markets in Crypto-Assets Regulation).

Perché l’ESMA mette in guardia sugli investimenti in criptovalute?

L’ESMA (Autorità Europea per i Mercati Finanziari), in collaborazione con la Consob, teme che il rialzo dei prezzi (es. Bitcoin) spinga gli investitori ad agire impulsivamente, sottovalutando i rischi. Le criptovalute restano altamente volatili e prive di garanzie paragonabili a quelle dei prodotti finanziari tradizionali.

Cos’è il regolamento MICA e quali protezioni offre?

Il regolamento MICA, entrato in vigore il 30 dicembre 2023, introduce regole più stringenti per i fornitori di servizi legati alle criptovalute, migliorando la trasparenza e la supervisione. Tuttavia, non elimina tutti i rischi: non copre fallimenti delle società di investimento e non garantisce protezioni equivalenti a quelle di azioni o obbligazioni.

Quali rischi specifici segnala l’ESMA per gli investitori?

  • Volatilità estrema: i prezzi possono crollare rapidamente;
  • Truffe: alcuni Paesi hanno ottenuto una moratoria di 18 mesi per i fornitori di servizi senza licenza, aumentando il rischio di frodi;
  • Assenza di garanzie: in caso di perdite, non esistono meccanismi di tutela come i fondi di compensazione.

Perché il regolamento MICA non basta a proteggere gli investitori?

Il MICA migliora la regolamentazione ma non interviene su aspetti critici come:

  • La stabilità dei fornitori di servizi;
  • La copertura dei rischi legati a hack o fallimenti;
  • La formazione obbligatoria per gli investitori non esperti.

Cosa prevede la moratoria di 18 mesi citata dall’ESMA?

Alcuni Paesi europei permetteranno ai fornitori di servizi senza licenza di operare temporaneamente fino a 18 mesi dopo l’entrata in vigore del MICA. Questo crea un vuoto normativo che potrebbe favorire attività fraudolente, soprattutto verso piccoli investitori.

Qual è il ruolo della Consob in questo contesto?

La Consob, come parte dell’ESMA, collabora a monitorare il mercato e a sensibilizzare gli investitori. Tuttavia, ribadisce che le criptovalute non sono adatte a chi cerca sicurezza o garanzie, data l’assenza di regole complete.

Cosa devono considerare gli investitori prima di acquistare criptovalute?

  • Valutare la propria tolleranza al rischio;
  • Evitare decisioni impulsive guidate da trend di mercato;
  • Verificare la regolarità dei fornitori di servizi;
  • Limitare gli investimenti a cifre non essenziali per il proprio patrimonio.

Conclusione

Il regolamento MICA è un passo avanti, ma gli investitori devono rimanere cauti.

Transazioni in oro più trasparenti: arriva la tracciabilità obbligatoria

Transazioni in oro più trasparenti: arriva la tracciabilità obbligatoria

Il Decreto Legislativo 10 dicembre 2024, n. 21 introduce nuove regole per aumentare la trasparenza nel mercato dell’oro, con obblighi di tracciabilità e dichiarazione.

Cosa prevede il Decreto Legislativo 21/2024 per il mercato dell’oro?

Il decreto aggiorna le definizioni di “oro da investimento” e “materiale d’oro”, imponendo obblighi di dichiarazione per transazioni superiori a 10.000€. Introduce inoltre un Registro degli operatori professionali gestito dall’OAM.

Quali operazioni vanno dichiarate all’UIF?

Devono essere segnalate tutte le transazioni in oro oltre 10.000€, anche:

  • Senza consegna fisica del metallo;
  • Transfrontaliere (es. import/export);
  • Eseguite da operatori professionali per conto terzi.

Quali sono i tempi per la dichiarazione all’UIF?

  • Operazioni standard: entro il mese successivo all’esecuzione;
  • Transfrontaliere: prima del passaggio della frontiera.

Chi è responsabile della dichiarazione?

Gli operatori professionali (es. commercianti, intermediari), inclusi quelli che agiscono per conto di clienti. Se non adempiono, rischiano sanzioni amministrative.

Ci sono eccezioni all’obbligo di dichiarazione?

Sì: le operazioni già coperte da normative UE anti-riciclaggio (es. direttiva VI Direttiva AML) non richiedono ulteriore segnalazione all’UIF.

Cos’è il Registro degli operatori professionali in oro?

Gestito dall’OAM (Organismo Agenti e Mediatori) da gennaio 2025, elenca tutti i soggetti autorizzati a operare nel settore. L’iscrizione è obbligatoria per esercitare attività professionali con l’oro.

Quali istruzioni fornirà l’UIF?

L’Unità di Informazione Finanziaria pubblicherà linee guida dettagliate su:

  • Formati e modalità di trasmissione delle dichiarazioni;
  • Criteri per identificare transazioni sospette;
  • Coordinamento con le normative europee esistenti.

Conclusione

Il Decreto 21/2024 rafforza il controllo sul mercato dell’oro, combattendo il riciclaggio e garantendo maggiore trasparenza.

Il Mercato degli Orologi di Lusso nel 2024

Come va il mercato degli orologi di lusso 

Il mercato degli orologi di lusso ha attraversato una fase di turbolenza negli ultimi anni, con un calo iniziato nel 2022 e segnali di ripresa solo parziali nel 2024. Analizziamo l’andamento attuale, i marchi più colpiti, le prospettive future e gli elementi chiave che influenzano il settore.

Il mercato degli orologi di lusso si sta riprendendo nel 2024?

Il mercato degli orologi di lusso mostra segnali contrastanti. Dopo un lungo periodo di calo, nel settembre 2024 si è registrato un leggero aumento generale dei prezzi, ma non si può ancora parlare di una ripresa consolidata.

Quali marchi di orologi di lusso hanno registrato un aumento di valore?

Marchi come Rolex e Patek Philippe hanno visto incrementi modesti, grazie alla forte domanda di modelli iconici come il Day-Date e il Nautilus. Tuttavia, il rialzo è stato limitato e non uniforme.

Audemars Piguet ha subito un calo nel 2024?

Sì, Audemars Piguet ha registrato ulteriori ribassi, a differenza di altri marchi che hanno beneficiato di una lieve ripresa.

Perché il mercato degli orologi di lusso fatica a riprendersi?

Uno dei principali problemi è l’eccesso di offerta sul mercato secondario, dovuto alla bolla speculativa del 2022. Questo ha esercitato una pressione sui prezzi, rendendo la domanda meno dinamica.

Come si è evoluto il mercato dell’usato per gli orologi di lusso?

I tempi di vendita degli orologi usati si sono allungati rispetto agli anni precedenti, segnalando un raffreddamento dell’interesse da parte degli acquirenti e una maggiore disponibilità di stock invenduto.

Il settore degli orologi di lusso tornerà presto alla stabilità?

Nonostante piccoli progressi in alcune collezioni e marchi, il panorama complessivo resta incerto. La sovrabbondanza di stock e l’andamento irregolare tra i brand suggeriscono che la stabilità duratura non è ancora stata raggiunta.

Quali sono le prospettive per il mercato degli orologi di lusso nei prossimi mesi?

Le prospettive rimangono caute. Il settore potrebbe evolversi lentamente, trainato da pochi modelli di successo e da una graduale rivalutazione dell’intero mercato.

Conclusione

Il mercato degli orologi di lusso si trova ancora in una fase di assestamento, con segnali di ripresa limitati e differenze tra i vari marchi. Monitorare i trend e valutare attentamente gli acquisti rimane essenziale per collezionisti e investitori. Affidarsi ad un promotore finanziario indipendente permette di fare la scelta migliore