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Mese: Marzo 2024

Donazioni informali tra genitori e figli senza tassazione

Recentemente, la Corte di Cassazione ha chiarito una questione riguardante la tassazione delle donazioni tra genitori e figli, in particolare quelle effettuate in maniera informale o tramite pagamenti indiretti, come l’acquisto di una casa. La sentenza n. 7442 del 20 marzo 2024 ha definitivamente stabilito che tali donazioni non sono soggette a imposta di donazione a meno che non siano formalmente registrate.

La sentenza ha criticato la circolare 30/2015 dell’Agenzia delle Entrate, definendola “non condivisibile”, “imprecisa” e “incompleta”, in quanto imponeva la tassazione su tutte le liberalità tra vivi non accompagnate da un atto scritto soggetto a registrazione. La Cassazione, tuttavia, ha sottolineato che solo le donazioni risultanti da atti registrati o quelle dichiarate volontariamente dal contribuente sono imponibili.

Per le donazioni indirette, quali quelle effettuate tramite atti di compravendita dove il genitore paga il prezzo a nome del figlio, la Cassazione ha ribadito che non vi è obbligo di registrazione dell’atto come donazione a meno che non sussistano condizioni particolari. In particolare, l’imposta si applica solo se la donazione ha un valore superiore a un milione di euro e se viene rivelata dal contribuente durante un controllo fiscale.

La decisione stabilisce una distinzione chiara: non tutte le donazioni indirette che emergono da atti registrabili sono automaticamente soggette a tassazione. La legge concede al contribuente la facoltà di registrare volontariamente tali atti come donazioni, e l’amministrazione fiscale può imporre tasse solo se il valore supera il milione di euro e la donazione viene dichiarata in procedimenti di accertamento.

La sentenza della Cassazione porta un chiarimento significativo per molti contribuenti che effettuano trasferimenti di beni in maniera informale o indiretta. Ciò rappresenta un alleggerimento dal punto di vista fiscale, permettendo a genitori di supportare i propri figli senza il timore di pesanti oneri fiscali, a meno che non siano soddisfatti criteri specifici che richiedano la registrazione della donazione. Questa interpretazione offre una maggiore flessibilità e minori complicazioni burocratiche per donazioni di importi sostanziali o in contesti formali.

La tassazione delle cessioni di opere d’arte: nuove linee guida dalla Corte di Cassazione

Nell’ambito della normativa fiscale, la vendita sistematica di opere d’arte può configurarsi come attività d’impresa e produrre reddito imponibile, come stabilito dall’ordinanza n. 1603 del 16 gennaio 2024 della Corte di Cassazione. Questa decisione segue la tendenza giurisprudenziale secondo cui non è necessaria un’attività continuativa per determinare la natura imprenditoriale delle cessioni; elementi come il numero di transazioni, gli importi significativi, la varietà dei beni venduti e il numero degli acquirenti sono fattori rilevanti.

Il caso in esame riguardava un commerciante d’arte a cui l’Agenzia delle Entrate aveva inviato due avvisi di accertamento. L’Agenzia sosteneva che il soggetto avesse la qualifica di imprenditore commerciale, rendendo così i proventi delle vendite soggetti a imposte dirette e IVA. In contrasto, il contribuente si difendeva affermando di essere un mero collezionista privato, senza un’organizzazione autonoma, e che le sue vendite rappresentassero semplicemente la dismissione di parte del suo patrimonio personale.

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni del contribuente, ribadendo una distinzione già fatta nella sentenza n. 6874/2023 tra la definizione civilistica e quella fiscale di “imprenditore commerciale”. A fini fiscali, l’essenzialità dell’organizzazione aziendale richiesta dal diritto civile non è necessaria; basta la “professionalità abituale” dell’attività economica.

L’articolo 55 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e l’articolo 4 del decreto IVA chiariscono che la professionalità abituale, anche se non esclusiva, delle attività enumerate nell’articolo 2195 del codice civile, soddisfa il requisito per la qualificazione imprenditoriale a fini fiscali, senza necessità di un’autonoma organizzazione di mezzi.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha delineato una tripartizione tra mercante d’arte, speculatore occasionale e mero collezionista. Il mercante, che agisce professionalmente e abitualmente anche senza una struttura imprenditoriale organizzata, è soggetto alle imposte dirette, all’IVA e, in alcuni casi, all’IRAP. Lo speculatore occasionale, che compra e vende opere d’arte sporadicamente per profitto, genera redditi diversi, non rientrando nell’ambito delle attività imprenditoriali abituali. Infine, il collezionista puro, che acquista opere per interesse personale senza intenzione di rivendita, non è soggetto a tassazione su tali cessioni, mancando i requisiti di abitualità e scopo speculativo.

La sentenza enfatizza l’importanza dell’analisi del contesto specifico per determinare la natura dell’attività, sottolineando che anche la modalità di reinvestimento dei profitti (in beni anziché in denaro) non altera la sostanza dell’arricchimento patrimoniale.

Questo chiarimento giurisprudenziale fornisce un quadro più definito per la distinzione delle attività nel mercato dell’arte, attendendo ulteriori direttive legislative per una completa regolamentazione della materia.

Modalità di accettazione dell’eredità: pura e semplice, con beneficio di inventario e opzioni di rinuncia

L’eredità non è solo una trasmissione di beni, ma anche di debiti, richiedendo quindi un’attenta valutazione prima di essere accettata. Questa decisione spetta esclusivamente all’individuo designato, che, una volta accettata l’eredità, assume in modo permanente lo status di erede, come espresso dal principio “semel heres semper heres”. L’accettazione può essere “pura e semplice” o “con beneficio di inventario”. La prima opzione implica una fusione tra i patrimoni del defunto e dell’erede, con il patrimonio dell’erede che diviene garanzia per i creditori del defunto. La seconda opzione, invece, mantiene separati i patrimoni, con quello ereditario che serve come garanzia.

Il diritto di accettare un’eredità si prescrive dopo dieci anni, ma questo termine non è perentorio, consentendo al designato di diventare erede anche dopo tale periodo, a meno che non vengano sollevate obiezioni di prescrizione. L’accettazione con beneficio di inventario richiede una dichiarazione formale davanti a un notaio o al cancelliere del tribunale, accompagnata da un inventario dei beni. Al contrario, l’accettazione pura e semplice può essere dichiarata esplicitamente o dedotta tacitamente da certi comportamenti, come la vendita o la donazione di beni ereditari.

L’accettazione tacita può anche essere inferita da azioni che indicano una gestione attiva dei beni, non spiegabile altrimenti se non dalla volontà di accettare l’eredità, ad esempio la distruzione di beni del defunto. Tuttavia, azioni conservatrici essenziali non sono considerate accettazioni tacite. L’eredità può essere rifiutata formalmente tramite un atto notarile, e tale rinuncia è definitiva e retroattiva, liberando il rinunciante da eventuali debiti ereditari.

Le entità giuridiche e le persone non completamente capaci devono accettare l’eredità con beneficio di inventario e restano vincolate a tale modalità per un anno dopo aver raggiunto la piena capacità o al termine di un’incapacità legale, a meno che non adempiano alle procedure richieste. La mancata redazione dell’inventario entro i termini previsti comporta la perdita del diritto di accettare per gli enti privati.

Inoltre, una volta accettata l’eredità, non è più possibile per il designato rinunciare; l’accettazione è irrevocabile. La rinuncia, da parte sua, è considerata come se il rinunciante non fosse mai stato designato, con effetti che risalgono all’apertura della successione. I creditori del rinunciante possono contestare la rinuncia se subiscono danni da tale azione e possono essere autorizzati dal giudice a rivendicare i beni ereditari in nome del rinunciante.

In sintesi, la complessità dell’accettazione e della rinuncia all’eredità riflette l’importanza di considerare attentamente le implicazioni legali e finanziarie di tali decisioni.