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Partecipazioni in successione o donazione: come si determina la base imponibile (e quindi l’imposta)
02/12/2025
Partecipazioni in successione o donazione: come si determina la base imponibile (e quindi l’imposta)
Massimiliano Silla
Nel patrimonio delle famiglie imprenditoriali italiane le partecipazioni societarie – azioni e quote – sono spesso il “vero” bene di maggior valore, molto più della casa o dei depositi. Proprio per questo, quando una partecipazione viene trasferita per successione o donazione, la domanda non è solo “quanto vale?”, ma soprattutto: qual è il valore fiscalmente rilevante su cui calcolare l’imposta.
La questione è diventata ancora più delicata dopo la riforma che ha rafforzato la logica dell’autoliquidazione: in sostanza, al contribuente è richiesto di determinare l’imposta dovuta (sulla base imponibile corretta), con un livello di attenzione che prima veniva percepito più “mediato” dagli uffici.
Prima di entrare nei criteri di calcolo, è utile ricordare due punti:
- Il valore delle partecipazioni concorre alla base imponibile su cui applicare aliquote e franchigie, che variano a seconda del grado di parentela (o del rapporto) con il defunto/donante.
- Accanto al regime ordinario, esiste – quando ricorrono specifici requisiti – la possibilità di esenzione per taluni trasferimenti di partecipazioni in ottica di continuità e passaggio generazionale (art. 3, comma 4-ter, TUS). Se l’esenzione non è applicabile, si torna alle regole “ordinarie” di valorizzazione.
Il perno tecnico, oggi, è rappresentato dai criteri previsti dall’art. 16 del TUS (con trasposizione nel nuovo impianto normativo richiamato nel testo): criteri che, nella sostanza, distinguono tra partecipazioni quotate e non quotate.
Il primo bivio: partecipazioni quotate o non quotate?
Questa distinzione non è un formalismo. Cambia proprio il “metro” con cui si misura il valore fiscale.
1) Partecipazioni quotate: il valore si ancora al mercato
Quando oggetto di trasferimento sono azioni o titoli negoziati su mercati regolamentati, il legislatore adotta un criterio di apparente semplicità: la base imponibile è pari alla media dei prezzi di borsa riferita all’ultimo trimestre precedente:
- alla data dell’atto (per la donazione), oppure
- all’apertura della successione (per l’eredità).
Dentro questo valore vanno considerati anche gli elementi “accessori” già maturati, come dietimi e interessi (quando rilevanti), perché l’imposta guarda alla consistenza economica complessiva trasferita.
Se però non esistono dati di mercato sufficientemente puntuali o utilizzabili, la norma consente di “ripiegare” sui criteri previsti per le partecipazioni non quotate. È un passaggio che, nella pratica, emerge più spesso di quanto si pensi in presenza di strumenti poco liquidi, sospesi, o con informazioni non univoche.
2) Partecipazioni non quotate: il fulcro è il patrimonio netto “contabile”
Per le quote e le azioni di società non quotate, il criterio si sposta dal mercato alla contabilità: la base imponibile viene determinata in proporzione alla partecipazione, facendo riferimento al patrimonio netto contabile della società.
Qual è il documento di riferimento?
- l’ultimo bilancio approvato e pubblicato, oppure
- il più recente inventario redatto e vidimato alla data della donazione o all’apertura della successione.
Questa impostazione è importante: il legislatore non sta chiedendo di stimare “quanto pagherebbe un investitore terzo oggi”, ma di utilizzare un criterio oggettivabile e documentabile, ancorato a un dato contabile.
Le variazioni tra bilancio e trasferimento: attenzione ai “salti” patrimoniali
Tra la data del bilancio e la data effettiva del trasferimento possono però verificarsi eventi che cambiano significativamente la fotografia (per esempio: dismissioni, perdite rilevanti, rivalutazioni, contenziosi, nuove passività, incassi straordinari). In questi casi, le variazioni significative del patrimonio devono essere considerate: è un passaggio cruciale perché evita che l’imponibile sia “tecnicamente corretto” ma sostanzialmente non rappresentativo.
Un chiarimento della Cassazione
Sul tema di quale bilancio utilizzare, la giurisprudenza ha aggiunto un tassello: la Cassazione (sentenza n. 17062/2013) ha indicato che, in determinate circostanze, può essere preso in considerazione anche un bilancio approvato successivamente, purché riferito a un periodo precedente alla data rilevante per il trasferimento. Tradotto: conta la competenza temporale del documento, non solo la data in cui viene formalmente approvato.
Se mancano bilancio e inventario: quando serve una valutazione analitica del patrimonio
Può capitare – specie in realtà piccole, società “di famiglia”, compagini informali – che non sia disponibile né un bilancio utilizzabile né un inventario coerente con la data rilevante.
In questa ipotesi, la base imponibile si determina guardando al patrimonio netto complessivo, calcolato come:
- totale beni e diritti all’attivo
- meno le passività risultanti secondo i criteri previsti dalla disciplina (con le specifiche esclusioni richiamate dalla norma).
Qui, la logica cambia: non si può più appoggiare il calcolo a un documento contabile “chiuso”, e diventa necessario ricostruire il patrimonio con un approccio analitico, vicino a una valutazione “a valori correnti” dei singoli elementi (in termini divulgativi: una ricostruzione ragionata del valore dei beni e dei debiti, voce per voce).
È un terreno più sensibile, perché aumenta la discrezionalità e, di conseguenza, cresce anche l’importanza di:
- documentare i criteri usati,
- rendere coerente la valutazione,
- evitare approssimazioni che potrebbero generare contestazioni.
La disciplina delle partecipazioni non quotate si applica anche al trasferimento di quote di società semplici e società di fatto, dove – non di rado – la “contabilità” è meno strutturata e quindi questo tema diventa concretissimo.
Passaggio generazionale: quando le regole di valore diventano strategia
Fin qui la teoria. Nella vita reale, però, successioni e donazioni non sono quasi mai eventi “isolati”: spesso si inseriscono in un percorso di riorganizzazione societaria e pianificazione del passaggio generazionale.
È qui che la determinazione della base imponibile – apparentemente un fatto tecnico – diventa anche una leva di progettazione.
L’esenzione (quando c’è) è la prima porta da valutare
Se ricorrono i requisiti dell’esenzione prevista dall’art. 3, comma 4-ter, TUS, la scelta è spesso naturale: il trasferimento può avvenire senza imposta, purché siano rispettate le condizioni poste dalla norma (che, per loro natura, vanno verificate caso per caso).
Quando invece quei requisiti non ci sono, entra in gioco la pianificazione.
Il collegamento con i conferimenti a realizzo controllato
Nelle operazioni di riorganizzazione, può emergere un’interazione con il meccanismo dei conferimenti a realizzo controllato (art. 177, commi 2 e 2-bis, TUIR). L’idea, in termini divulgativi, è questa:
- il conferimento può incidere sulla struttura patrimoniale della società che riceve la partecipazione (la “conferitaria”),
- e siccome, per le partecipazioni non quotate, la base imponibile è legata al patrimonio netto contabile, ciò può riflettersi anche sul valore fiscalmente rilevante della quota/azione trasferita successivamente per donazione.
Questo non significa “fare operazioni per pagare meno” in modo automatico. Significa, più correttamente, comprendere che gli istituti dialogano tra loro e che il risultato fiscale dipende dalla coerenza complessiva dell’operazione.
Il punto di attenzione: le ragioni extrafiscali
È essenziale ribadirlo con chiarezza: la concatenazione “conferimento + donazione” non può reggersi sulla sola finalità di ridurre l’imposta. Deve poggiare su ragioni extrafiscali non marginali (per esempio: razionalizzare la governance, separare rami d’azienda, pianificare la successione, proteggere asset strategici, stabilizzare i passaggi di controllo). In altre parole: la fiscalità può essere un parametro di efficienza, ma non l’unica ragione dell’architettura.
In conclusione: cosa cambia davvero per chi trasferisce partecipazioni
Quando si trasferiscono partecipazioni per successione o donazione, la partita non si gioca soltanto su aliquote e franchigie. Si gioca, prima ancora, sulla base imponibile, cioè sul valore fiscalmente corretto delle quote o azioni trasferite.
Con l’autoliquidazione, questo passaggio è diventato ancora più “responsabilizzante”: servono metodo, documenti e coerenza.
In sintesi, i punti chiave sono tre:
- Quotate: valore legato alla media dei prezzi di mercato dell’ultimo trimestre rilevante.
- Non quotate: valore proporzionale al patrimonio netto contabile (bilancio o inventario), con attenzione alle variazioni significative e ai chiarimenti giurisprudenziali.
- Assenza di documenti contabili: ricostruzione analitica del patrimonio (beni e diritti meno passività), con maggiore necessità di tracciare e motivare i criteri adottati.
Se poi l’obiettivo è il passaggio generazionale, conoscere queste regole non è solo un modo per “fare bene” l’adempimento: è spesso la base per costruire un’operazione ordinata, sostenibile e difendibile, in cui diritto societario, assetto familiare e fiscalità parlano la stessa lingua.