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Insights

Residenti all’estero e portafoglio titoli in Italia: ciò che molti ignorano sulla tassazione

27/09/2025

Residenti all’estero e portafoglio titoli in Italia: ciò che molti ignorano sulla tassazione

Valentina Fabiano

Trasferirsi all’estero è spesso l’inizio di una nuova vita. Chi possiede investimenti in Italia, però, si imbatte presto in un dubbio cruciale:

“Posso mantenere il regime amministrato sul mio portafoglio titoli o devo passare al dichiarativo?”

La risposta, chiara ma sorprendentemente poco conosciuta, è arrivata di recente dall’Agenzia delle Entrate.

Chiarimento dell’Agenzia delle Entrate

Con la Risposta n. 208/2025, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito tre punti chiave:

  • Continuità del regime amministrato – Anche chi diventa fiscalmente non residente può mantenere senza problemi il regime amministrato sul deposito titoli presso banche o SIM italiane.
  • Nessun obbligo di passaggio al dichiarativo – Non è necessario affrontare la complessità della dichiarazione dei redditi per ogni operazione.
  • Revoca neutrale – Se si decide di revocare il regime amministrato, non scatta alcuna tassazione sulle plusvalenze latenti.

Queste indicazioni confermano che la normativa può differire dalle prassi ancora diffuse tra alcuni operatori.

Un principio già noto da tempo

Non si tratta di una novità. Già la circolare del Ministero delle Finanze n. 165/1998 chiariva che, per i non residenti, il regime amministrato è il “regime naturale”.

Il riferimento normativo resta il d.lgs. n. 461/1997, che disciplina la tassazione dei redditi finanziari senza limitazioni per chi risiede all’estero.

Eppure, in molti ambienti bancari e consulenziali persiste l’errata convinzione che il regime amministrato sia riservato solo ai residenti in Italia. Un equivoco che ha indotto numerosi investitori a scelte non ottimali, tra burocrazia inutile e maggiori costi di compliance.

Regime amministrato: vantaggi e limiti

Per un risparmiatore che vive all’estero, il regime amministrato resta un’opzione pratica perché:

  • Semplifica la gestione fiscale: la banca italiana funge da sostituto d’imposta e trattiene direttamente le imposte su interessi, dividendi e plusvalenze.
  • Taglia il rischio di errori e sanzioni: non occorre compilare il quadro RW né presentare dichiarazioni fiscali in Italia per i redditi già tassati alla fonte.

Questa efficienza riduce burocrazia e adempimenti, ma non sempre è la scelta fiscalmente più vantaggiosa.

Quando il regime dichiarativo può convenire

Se il Paese di residenza applica un’aliquota sulle rendite finanziarie più bassa di quella italiana (26% su capital gain e interessi, 12,5% su titoli di Stato), il regime dichiarativo può risultare più conveniente:

  • consente di assoggettare i redditi finanziari alla tassazione del Paese estero, eventualmente più favorevole;
  • permette una gestione più flessibile di crediti d’imposta o compensazioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni.

La scelta, quindi, non è solo tra semplicità e complessità, ma tra comodità e ottimizzazione fiscale.

Conclusione: la strategia giusta è personale

In un mondo globale, conoscere le regole è essenziale per evitare decisioni penalizzanti.

Chi si trasferisce all’estero non perde il regime amministrato: la normativa lo consente espressamente.

La domanda vera è un’altra: qual è il regime più vantaggioso per il mio profilo e per il Paese in cui vivo?

Per rispondere servono:

  • analisi delle aliquote nel Paese di residenza,
  • verifica della convenzione contro le doppie imposizioni,
  • valutazione degli obiettivi patrimoniali e successori.

Prossimo passo

Prima di decidere, effettua un check-up fiscale personalizzato. Confrontare le aliquote del tuo Paese di residenza con quelle italiane e simulare i due regimi può trasformare una semplice “conferma normativa” in una strategia patrimoniale vincente.

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