Anche nel 2025 le principali banche e intermediari finanziari mostrano ancora criticità significative nella redazione e comunicazione dei rendiconti annuali dei costi e oneri legati ai servizi di investimento. Lo conferma l’analisi condotta da Plus24 del Sole 24 Ore su un campione di 22 operatori del settore, che evidenzia come — a distanza di sette anni dall’entrata in vigore della Mifid II — la trasparenza per i clienti finali rimanga un obiettivo ancora lontano.
Solo il 77% degli intermediari inserisce nel titolo del documento la dicitura “costi e oneri”, come previsto dalle linee guida di Consob ed ESMA. Una percentuale in crescita rispetto al 64% del 2024, ma ancora insoddisfacente considerando l’importanza di una corretta identificazione del documento da parte del cliente.
Resta invece elevata la presenza di contenuti non pertinenti all’interno dei rendiconti: il 52% dei documenti analizzati presenta sezioni ridondanti o poco rilevanti, che rischiano di diluire le informazioni cruciali per l’investitore. La lunghezza media è di 8,6 pagine, con punte di 16-18 in alcuni casi, soprattutto quando il rendiconto viene accorpato ad altri documenti (es. rendiconti di gestione). Sebbene la Consob ammetta questa prassi, raccomanda di posizionare le informazioni sui costi nelle prime pagine e con adeguata evidenziazione grafica.
Uno degli aspetti più carenti riguarda la modalità di comunicazione del rendiconto. Solo nel 17,4% dei casi i clienti hanno ricevuto una notifica (via email, SMS o pop-up) dell’avvenuta pubblicazione del documento nell’area riservata dell’home banking. In molti altri casi, il documento viene caricato senza alcun avviso, rendendone difficile la reperibilità. Alcuni istituti dichiarano esplicitamente di non prevedere notifiche.
Questa prassi compromette l’efficacia dell’obbligo normativo e mina la consapevolezza finanziaria degli investitori. Una buona prassi — non ancora adottata — potrebbe essere la richiesta di una firma di presa visione, come già avviene per altri documenti contrattuali.
Per assolvere alla funzione informativa prevista dalla normativa Mifid II, il rendiconto deve:
Sotto la lente anche le commissioni di retrocessione, ovvero gli incentivi pagati dalle società prodotto all’intermediario per la distribuzione dei propri strumenti finanziari. Si tratta di una voce significativa, che per i fondi comuni in Italia può rappresentare fino al 70% del costo complessivo. Una prassi legittima ma che va resa trasparente: nei servizi di consulenza “indipendente”, peraltro, tali retrocessioni non sono ammesse e il cliente paga direttamente il consulente.
I clienti, spesso inconsapevoli, possono e dovrebbero:
L’obiettivo della normativa — aumentare trasparenza, fiducia e consapevolezza negli investimenti — resta ancora in parte disatteso. Gli intermediari hanno l’occasione di trasformare un obbligo in uno strumento di relazione e di valorizzazione del servizio offerto. La trasparenza sui costi non è un rischio da evitare, ma un elemento competitivo e un diritto del cliente.
OCF n. 2425 del 19/03/2024
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