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Insights

Rendiconti bancari dei costi: ancora troppe opacità e poca trasparenza per i risparmiatori

31/05/2025

Rendiconti bancari dei costi: ancora troppe opacità e poca trasparenza per i risparmiatori

Massimiliano Silla

Anche nel 2025 le principali banche e intermediari finanziari mostrano ancora criticità significative nella redazione e comunicazione dei rendiconti annuali dei costi e oneri legati ai servizi di investimento. Lo conferma l’analisi condotta da Plus24 del Sole 24 Ore su un campione di 22 operatori del settore, che evidenzia come — a distanza di sette anni dall’entrata in vigore della Mifid II — la trasparenza per i clienti finali rimanga un obiettivo ancora lontano.

Nomenclatura e formato: miglioramenti parziali

Solo il 77% degli intermediari inserisce nel titolo del documento la dicitura “costi e oneri”, come previsto dalle linee guida di Consob ed ESMA. Una percentuale in crescita rispetto al 64% del 2024, ma ancora insoddisfacente considerando l’importanza di una corretta identificazione del documento da parte del cliente.

Resta invece elevata la presenza di contenuti non pertinenti all’interno dei rendiconti: il 52% dei documenti analizzati presenta sezioni ridondanti o poco rilevanti, che rischiano di diluire le informazioni cruciali per l’investitore. La lunghezza media è di 8,6 pagine, con punte di 16-18 in alcuni casi, soprattutto quando il rendiconto viene accorpato ad altri documenti (es. rendiconti di gestione). Sebbene la Consob ammetta questa prassi, raccomanda di posizionare le informazioni sui costi nelle prime pagine e con adeguata evidenziazione grafica.

Comunicazione al cliente: un passaggio ancora critico

Uno degli aspetti più carenti riguarda la modalità di comunicazione del rendiconto. Solo nel 17,4% dei casi i clienti hanno ricevuto una notifica (via email, SMS o pop-up) dell’avvenuta pubblicazione del documento nell’area riservata dell’home banking. In molti altri casi, il documento viene caricato senza alcun avviso, rendendone difficile la reperibilità. Alcuni istituti dichiarano esplicitamente di non prevedere notifiche.

Questa prassi compromette l’efficacia dell’obbligo normativo e mina la consapevolezza finanziaria degli investitori. Una buona prassi — non ancora adottata — potrebbe essere la richiesta di una firma di presa visione, come già avviene per altri documenti contrattuali.

Le voci di costo: cosa analizzare con attenzione

Per assolvere alla funzione informativa prevista dalla normativa Mifid II, il rendiconto deve:

  • indicare tutti i costi sostenuti dal cliente (in valore assoluto e percentuale);
  • distinguere tra costi su servizi (es. consulenza), su strumenti (fondi, polizze, titoli) e pagamenti da terzi (commissioni di retrocessione);
  • includere l’impatto sui rendimenti (differenza tra rendimento lordo e netto del portafoglio);
  • riportare gli oneri fiscali, inclusi nel totale in 9 documenti su 10 ma non sempre evidenziati separatamente;
  • informare chiaramente il cliente della possibilità di richiedere un dettaglio analitico delle voci di spesa.
  • voci di spesa.

Sotto la lente anche le commissioni di retrocessione, ovvero gli incentivi pagati dalle società prodotto all’intermediario per la distribuzione dei propri strumenti finanziari. Si tratta di una voce significativa, che per i fondi comuni in Italia può rappresentare fino al 70% del costo complessivo. Una prassi legittima ma che va resa trasparente: nei servizi di consulenza “indipendente”, peraltro, tali retrocessioni non sono ammesse e il cliente paga direttamente il consulente.

Cosa può (e deve) fare il risparmiatore

I clienti, spesso inconsapevoli, possono e dovrebbero:

  • cercare attivamente il documento nell’area riservata online;
  • chiedere supporto al proprio consulente per interpretare correttamente i dati;
  • richiedere, quando non fornito, un dettaglio analitico dei costi sostenuti, inclusa la quota destinata ai singoli soggetti coinvolti (banca, casa prodotto, consulente).

L’obiettivo della normativa — aumentare trasparenza, fiducia e consapevolezza negli investimenti — resta ancora in parte disatteso. Gli intermediari hanno l’occasione di trasformare un obbligo in uno strumento di relazione e di valorizzazione del servizio offerto. La trasparenza sui costi non è un rischio da evitare, ma un elemento competitivo e un diritto del cliente.

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