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L’AI e il rischio sistemico: il triangolo Oracle–Nvidia–OpenAI e la fragilità nascosta della nuova corsa all’intelligenza artificiale

12/10/2025
L’AI e il rischio sistemico: il triangolo Oracle–Nvidia–OpenAI e la fragilità nascosta della nuova corsa all’intelligenza artificiale
Massimiliano Silla
Dietro l’entusiasmo per i mega-investimenti nell’intelligenza artificiale si nasconde una rete di interdipendenze finanziarie e tecnologiche che potrebbe trasformare il settore in un epicentro di rischio sistemico globale.
Nel 2025 l’intelligenza artificiale è diventata il nuovo “petrolio digitale” e i colossi che la alimentano — Nvidia, Oracle, OpenAI e pochi altri — sono ormai i custodi dell’infrastruttura che sostiene l’intera economia digitale.
Ma dietro le promesse di crescita illimitata si cela una rete di relazioni finanziarie e industriali così dense e circolari da somigliare più a un sistema bancario ombra che a una filiera tecnologica.
Il triangolo d’oro (e d’azzardo) dell’AI
Nel settembre 2025 Nvidia ha annunciato un accordo “fino a 100 miliardi di dollari” con OpenAI per costruire e alimentare 10 gigawatt di potenza computazionale, basata su GPU di nuova generazione.
Un mese dopo, Oracle ha rilanciato con un piano da circa 300 miliardi di dollari in cinque anni per ospitare l’infrastruttura cloud di OpenAI nei propri data center, integrando la piattaforma Azure di Microsoft in un’inedita architettura multicloud.
In parallelo, Nvidia fornirà a Oracle centinaia di migliaia di chip GB200 per alimentare i futuri supercomputer “Stargate”, mentre OpenAI diversifica siglando un nuovo accordo con AMD (6 GW di capacità e warrant fino al 10% del capitale).
Sulla carta, un ecosistema sinergico. Nella pratica, una catena di dipendenze incrociate: Nvidia finanzia OpenAI, che compra GPU da Nvidia, che vende infrastrutture a Oracle, che a sua volta fornisce capacità cloud a OpenAI.
Un “triangolo d’oro” apparentemente perfetto, ma che poggia su equilibri finanziari e operativi delicatissimi.
Dal vantaggio competitivo al rischio di contagio
Questo intreccio industriale è una miniera di efficienza, ma anche una bomba di complessità.
Se una sola delle tre aziende dovesse incontrare un ostacolo — tecnico, regolatorio o finanziario — l’impatto si propagherebbe lungo l’intera catena.
- Rischio hardware: la produzione dei chip Nvidia dipende da nodi litografici avanzati di TSMC e da materiali critici (rame, silicio, terre rare). Un ritardo produttivo o una sanzione geopolitica può bloccare intere linee di calcolo AI.
- Rischio infrastrutturale: Oracle, fornendo la base cloud su cui gira OpenAI, concentra nelle proprie mani la resilienza di servizi ormai strategici per governi e imprese. Un blackout, una vulnerabilità o una congestione di rete diventerebbero incidenti sistemici.
- Rischio finanziario: gli impegni da centinaia di miliardi sono strutturati in più livelli di leva e previsioni di ritorno future. Se la domanda reale dell’AI — in termini di applicazioni, abbonamenti o servizi enterprise — non cresce come previsto, la pressione sui bilanci si farà pesante.
- Rischio regolatorio e reputazionale: OpenAI è la faccia pubblica dell’intelligenza artificiale, e qualsiasi scandalo legato a bias, sicurezza o uso improprio dei dati può ricadere anche su Oracle e Nvidia, che ne sono fornitori e partner strategici.
È un ecosistema chiuso, dove il fallimento di un attore può generare effetti a catena simili a quelli di un default finanziario: rallentano le forniture, slittano i contratti, si svalutano asset e azioni, scattano margin call, i capitali si ritirano.
La bolla delle aspettative
L’attuale rally del settore AI, trainato dai titoli Nvidia, Microsoft, Oracle e AMD, ricorda per certi versi la bolla dot-com del 2000.
I multipli di valutazione restano su livelli insostenibili rispetto ai fondamentali: Nvidia capitalizza oltre 3.000 miliardi di dollari, e una parte significativa del suo valore attuale è scontata su ricavi futuri ancora ipotetici.
Nel frattempo, i costi energetici e infrastrutturali stanno esplodendo: ogni gigawatt di capacità AI richiede investimenti nell’ordine di 8–10 miliardi di dollari, e il fabbisogno elettrico dei nuovi data center potrebbe superare quello di intere nazioni europee.
L’AI, insomma, è tanto una rivoluzione tecnologica quanto una scommessa macroeconomica sull’energia, il debito e la fiducia degli investitori.
Il rischio sistemico tecnologico: una nuova Lehman digitale
Quello che emerge è un rischio sistemico tecnologico: un nuovo tipo di vulnerabilità che unisce supply chain, finanza e dati in un unico circuito chiuso.
L’interconnessione tra fornitori di chip, piattaforme cloud e sviluppatori di modelli genera un effetto domino potenziale che i mercati, finora, hanno ignorato.
Come nel 2008 la leva finanziaria nascosta nei derivati subprime era “invisibile” finché non è collassata, oggi la leva dell’AI è tecnologica e contrattuale: contratti decennali, obbligazioni su capacità future, anticipi d’investimento che dipendono dalla crescita esponenziale dei modelli.
Se quella crescita dovesse rallentare — per limiti fisici, normativi o semplicemente di domanda — il castello di previsioni potrebbe sgonfiarsi in pochi trimestri, generando un “AI crash” di proporzioni imprevedibili.
Come leggere il segnale debole
Gli investitori più accorti guardano già agli early warning:
- il rallentamento nella domanda di GPU di fascia alta da parte dei cloud provider minori;
- le prime indagini antitrust sulla concentrazione del mercato AI;
- il dibattito su una “AI Tax” per coprire il consumo energetico dei data center;
- e, soprattutto, la difficoltà crescente di trasformare l’hype in profitti sostenibili.
Oracle, Nvidia e OpenAI stanno costruendo l’infrastruttura del futuro, ma lo stanno facendo in un contesto di forte dipendenza reciproca e di capitali a leva, dove ogni promessa non mantenuta può tradursi in una frattura di fiducia.
Conclusione: la nuova interdipendenza del potere tecnologico
L’intelligenza artificiale non è solo una frontiera dell’innovazione: è anche una nuova architettura del potere economico.
Nel suo nucleo, poche aziende controllano il flusso dei dati, dell’energia e del capitale cognitivo.
È un sistema straordinariamente efficiente — e proprio per questo, fragile.
Quando tre giganti come Oracle, Nvidia e OpenAI si intrecciano a questo livello, il rischio non è più solo industriale: diventa macro-finanziario.
La storia insegna che ogni grande rivoluzione — dalle ferrovie all’elettricità, da Internet ai derivati — ha conosciuto il suo “momento di euforia” prima di trovare un equilibrio.
L’AI non farà eccezione.