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Insights

Solvency II e la metamorfosi del capitale assicurativo: cosa cambia davvero per chi investe in obbligazioni del settore

03/11/2025

Solvency II e la metamorfosi del capitale assicurativo: cosa cambia davvero per chi investe in obbligazioni del settore

Massimiliano Silla

Negli ultimi anni ho assistito da vicino a un cambiamento profondo nel mondo assicurativo europeo, un cambiamento che, sorprendentemente, è rimasto sotto il radar del grande pubblico, nonostante impatti direttamente sia il modo in cui le compagnie gestiscono il rischio, sia il modo in cui gli investitori si avvicinano alle obbligazioni subordinate del settore.

Parlo della conclusione del periodo transitorio di Solvency II, che finirà formalmente il 31 dicembre 2025, e che rappresenta il punto d’arrivo di una trasformazione durata quasi un decennio.

È un’evoluzione che ha modificato la struttura del capitale, la qualità degli strumenti finanziari utilizzati dalle compagnie e, soprattutto, l’intero mercato dei subordinati assicurativi. E lo ha fatto riscrivendo letteralmente il vocabolario del rischio e del capitale.

Perché Solvency II è una rivoluzione e non un semplice aggiornamento

Per oltre quarant’anni, il settore assicurativo europeo ha operato secondo le logiche di Solvency I, un impianto nato negli anni Settanta, basato su formule semplificate e su stime spesso poco aderenti al rischio reale.

Con Solvency II tutto questo è cambiato.

La nuova regolamentazione introduce un modello moderno, tridimensionale, fondato su tre pilastri: requisiti quantitativi (SCR e MCR), governance e gestione interna del rischio (ORSA), trasparenza informativa. Non si tratta più di “avere capitale”, ma di “avere il capitale giusto per il rischio che si prende”.

In questo nuovo contesto:

  • il capitale viene classificato in Tier 1, Tier 2 e Tier 3,
  • ogni livello ha caratteristiche precise di assorbimento delle perdite,
  • i requisiti sono rapportati ai rischi effettivi di mercato, credito, sottoscrizione e operativi,
  • la valutazione delle riserve tecniche diventa market consistent, cioè coerente con le condizioni di mercato.

Il risultato è un settore più robusto, più trasparente e più prevedibile anche per gli investitori. La transizione però non è avvenuta dall’oggi al domani: ha richiesto un lavoro massiccio di riallineamento del capitale e degli strumenti finanziari.

Il grande ricambio del debito subordinato: cosa sono davvero RT1 e Tier 2

Una parte cruciale della trasformazione riguarda gli strumenti emessi dalle compagnie per soddisfare i nuovi requisiti.

Solvency II infatti non si limita a dire “quanto” capitale serve, ma stabilisce “quali strumenti” possono essere utilizzati.

Da qui nasce la distinzione fra:

  • RT1 (Restricted Tier 1), la forma più “pura” e rischiosa di capitale, vicina agli AT1 bancari,
  • Tier 2, un debito subordinato meno costoso e meno severo nei requisiti,
  • e gli strumenti legacy, nati sotto Solvency I e oggi quasi del tutto fuori dal perimetro regolamentare.

L’intero decennio 2016-2025 è stato dominato dalla sostituzione del vecchio capitale con strumenti nuovi e più coerenti con le regole. Al culmine della transizione:

  • le emissioni RT1 hanno superato i 30 miliardi di euro equivalenti,
  • per oltre metà concentrate negli anni 2024–2025,
  • mentre gli strumenti subordinati non-RT1 in circolazione hanno superato i 150 miliardi di euro,
  • e gli ultimi strumenti legacy da sostituire ammontano a circa 5 miliardi.

Questi numeri non sono un dettaglio tecnico: hanno conseguenze dirette per chi investe.

Perché? Perché una volta completata la transizione, non ci sarà più bisogno di nuove emissioni massicce di RT1. E quando l’offerta diminuisce mentre la domanda resta solida, i prezzi tendono a stabilizzarsi o a salire, e gli spread a restringersi.

Le compagnie preferiscono davvero gli RT1? Spoiler: non più

A livello di teoria, gli RT1 sono strumenti ideali: assorbono perdite, sono perpetui, rafforzano il capitale di massima qualità.

Nella pratica, però, le compagnie hanno imparato rapidamente che:

  • gli RT1 sono costosi da emettere,
  • la domanda degli investitori è selettiva,
  • il Tier 2 offre maggiore flessibilità e un costo più basso.

Non è quindi un caso che molti emittenti abbiano scelto (e continueranno a scegliere) di ridurre la quota di RT1 a favore del Tier 2.

Ciò non significa che gli RT1 scompariranno — rimangono fondamentali per la struttura del capitale — ma che diventeranno più rari.

Per gli investitori, questa è un’informazione preziosa: la scarsità futura potrebbe migliorare il profilo tecnico degli RT1 già in circolazione.

E le analogie con il mondo bancario? Ci sono, ma fino a un certo punto

Chi conosce le obbligazioni bancarie noterà l’assonanza tra RT1 e AT1.

Il parallelo è corretto: anche le banche hanno vissuto un’evoluzione analoga con Basilea III, sostituendo vecchi strumenti Tier 1 con nuovi AT1.

La differenza sostanziale però è nella natura del business:

  • una banca è un intermediario che vive di liquidità e leva,
  • un’assicurazione ha passività di lungo periodo e modelli di rischio più stabili.

Per questo il mercato RT1 ha mostrato meno volatilità rispetto a quello degli AT1, anche dopo casi estremi come Credit Suisse.

Il tema del momento: l’esposizione al private credit

Negli ultimi mesi si è scritto molto, talvolta con toni apocalittici, sull’esposizione delle compagnie al private credit.

È un tema reale, ma va contestualizzato.

Le assicurazioni investono da sempre in asset illiquidi:

  • infrastrutture,
  • real estate commerciale,
  • mutui,
  • private equity,
  • private corporate credit.

Il private credit è soltanto un pezzo di questo puzzle.

Il vero punto non è la sua presenza, ma la sua velocità di crescita e gli eventuali legami societari tra chi origina il credito e chi lo acquista.

Quando assicuratore e originator appartengono allo stesso gruppo, possono emergere incentivi distorti e rischi di governance.

È una dinamica osservata soprattutto nel mercato statunitense.

In Europa, invece, il quadro appare più vigilato, più prudente e con meno pressioni commerciali interne.

Per l’investitore l’indicazione è semplice: non bisogna evitare il private credit, ma capire come è inserito nel portafoglio e con quali controlli.

Cosa aspettarsi nel 2026 e oltre: un mercato più sano, più maturo e più selettivo

Con la fine del periodo transitorio di Solvency II possiamo tracciare un bilancio:

  • il settore assicurativo europeo è oggi più solido,
  • il capitale è di qualità superiore,
  • gli strumenti subordinati sono più coerenti con la loro funzione,
  • le riserve tecniche sono valutate meglio,
  • il mercato del debito è diventato più disciplinato.

Per chi investe, questo si traduce in un contesto più chiaro e leggibile.

In particolare:

  • l’offerta futura di RT1 sarà limitata,
  • la domanda potrebbe restare elevata,
  • gli spread potrebbero comprimersi,
  • il Tier 2 continuerà a coprire la maggior parte delle esigenze delle compagnie,
  • la selezione delle emissioni diventerà ancora più importante.

L’investitore deve prestare attenzione non solo al rendimento, ma a:

  • meccanismi di call,
  • clausole di assorbimento delle perdite,
  • struttura di subordinazione,
  • rating dell’emittente,
  • solvibilità (SCR ratio),
  • qualità della governance e degli attivi.

Perché questa trasformazione interessa non solo gli addetti ai lavori

Potrebbe sembrare un tema per tecnici e regolatori, ma non è così.

Le assicurazioni sono attori sistemici e i titoli che emettono sono fra gli strumenti più sottoscritti da:

  • fondi obbligazionari,
  • ETF,
  • prodotti multi-asset,
  • portafogli istituzionali,
  • risparmiatori evoluti.

Comprendere come sta cambiando il capitale assicurativo significa comprendere la stabilità di una parte importante del mercato finanziario europeo.

Solvency II, in questo senso, non è soltanto una riforma del settore: è una garanzia indiretta anche per gli investitori.

Riduce i rischi nascosti, rende più chiara la gerarchia del capitale, migliora la trasparenza delle emissioni e, di conseguenza, rende le scelte di investimento più consapevoli.

Conclusione: un settore più robusto per un mercato più maturo

La metamorfosi imposta da Solvency II è stata lunga, complessa e a tratti onerosa per le compagnie, ma ha portato il settore assicurativo europeo a un livello di solidità patrimoniale nettamente superiore al passato.

Ha ripulito il mercato da strumenti opachi, ha creato una gerarchia chiara del capitale e ha restituito agli investitori un quadro più leggibile.

Il risultato?

Un settore più stabile, un mercato obbligazionario più efficiente e un contesto nel quale le opportunità restano interessanti purché si sappia distinguere tra rendimento e rischio reale.

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