L’indegnità a succedere è una causa di esclusione dall’eredità prevista dall’art. 463 del Codice Civile. Si applica a chi ha commesso atti gravemente lesivi nei confronti del defunto o dei suoi familiari stretti. A differenza dell’incapacità successoria, l’indegnità non impedisce di essere chiamati all’eredità, ma ne annulla l’acquisto tramite una sentenza giudiziale.
Può essere dichiarato indegno chi ha commesso atti gravi contro l’integrità fisica o morale del defunto o dei suoi parenti, oppure ha tentato di alterare la volontà testamentaria mediante falsificazione, distruzione o occultamento del testamento.
I successibili diretti, i loro legittimati e anche i creditori possono agire per far dichiarare l’indegnità del soggetto entro un termine di prescrizione decennale.
Le cause principali sono:
Se l’indegnità viene accertata, il soggetto perde i diritti ereditari e deve restituire i beni acquisiti e i frutti percepiti. Gli atti di ordinaria amministrazione restano validi, mentre quelli dispositivi gratuiti possono essere annullati, salvo tutela per i terzi in buona fede.
L’indegno può essere riabilitato tramite un atto esplicito del defunto, che elimina gli effetti dell’indegnità.
Sì, il coniuge separato con addebito perde la capacità successoria nei confronti del defunto.
La diseredazione è un atto con cui il testatore esclude un erede dalla successione. È valida solo per gli eredi non legittimari e per i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale.
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OCF n. 2425 del 19/03/2024
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